L’unica vera beneficiaria di un’azione di contrasto inadeguata per il clima è un’élite di persone con forti interessi acquisiti nel proseguimento di un’economia globale ad alto tenore di carbonio e profondamente diseguale
La produzione in eccesso di CO2 (anidride carbonica) comporta dei significativi impatti ambientali dal momento che danneggia l’ozono, uno strato gassoso presente nell’atmosfera che protegge la terra dall’azione nociva dei raggi ultravioletti UV-C provenienti dal sole. Il surriscaldamento climatico è un altro effetto della presenza in eccesso di anidride carbonica: la sua eccessiva concentrazione nell’aria forma una specie di cappa che impedisce l’espulsione del calore assorbito dalla terra nelle ore diurne. Le emissioni di CO2 in eccesso sono una conseguenza dell’attività industriale e della deforestazione incontrollata ma dipendono anche dalle abitudini di ogni abitante della terra.
COSA RIVELA LO STUDIO OXFAM
Esistono diversi modi per attribuire la responsabilità per le emissioni globali di carbonio. Una delle più accreditate è l’ipotesi che il reddito familiare determini i consumi delle famiglie, che a sua volta determina il livello di emissioni dei consumi domestici. Una metodologia che è alla base di uno studio Oxfam del 2015, una confederazione internazionale di organizzazioni non profit che si dedicano alla riduzione della povertà globale. In questo studio emerge come il cambiamento climatico sia strettamente legato alla disuguaglianza economica, un fenomeno strutturale guidato dalle emissioni di gas serra dei ‘ricchi’ a danno dei ‘non abbienti’
META’ DELLA POPOLAZIONE GLOBALE CAUSA IL 10% DELLE EMISSIONI NOCIVE
La metà più povera della popolazione mondiale – circa 3,5 miliardi di persone – risulta infatti responsabile solo del 10% circa delle emissioni globali totali attribuite a consumo individuale, e vive nella maggior parte dei paesi più vulnerabili ai cambiamenti climatici.
In parallelo, circa il 50% delle emissioni nocive può essere attribuito al 10% più ricco delle persone in tutto il mondo, che hanno una media di impronte di carbonio 11 volte più alte della metà più povera della popolazione e 60 volte più alte del 10% più povero. Addirittura
l’1% delle persone più abbienti a livello globale arriverebbe ad avere una impronta di carbonio 175 volte quella del 10% più povero.
L’ELITE DI POCHE PERSONE CHE SI ARRICCHISCE CON I COMBUSTIBILI FOSSILI
Mentre una quota crescente del 10% più ricco della popolazione, che sta subendo gli impatti dei cambiamenti climatici, si sta mobilitando per chiedere un’azione di contrasto ai loro governi, un’élite di persone con forti interessi acquisiti nel proseguimento di un’economia globale ad alto tenore di carbonio e profondamente diseguale, continua ad arricchirsi. Basti pensare che tra il 2010 e il 2015, il numero di miliardari con interessi nelle attività legate ai combustibili fossili è passato da 54 a 88: le loro fortune economiche personali aggregate sono balzate da 200 a più di 300 miliardi di dollari (+50%).
LO SCAMBIO DELLE QUOTE DI EMISSIONE DELL’UE
Per i governi non è facile smarcarsi dall’influenza di questa ‘elite’ che esercita forti pressioni politiche ed economiche. L’Europa, tuttavia, è decisa a recitare un ruolo guida per contrastare i cambiamenti climatici grazie anche al sistema per lo scambio delle quote di emissione dell’UE (ETS UE), uno strumento essenziale per ridurre in maniera economicamente efficiente le emissioni di gas a effetto serra. Un sistema che ha dimostrato che fissare un prezzo per la CO2 e scambiarla può funzionare, con le emissioni degli impianti che partecipano al sistema che stanno diminuendo. I dati del 2016 hanno evidenziato un calo di poco più del 5% rispetto all’inizio della fase 3, mentre nel 2020 le emissioni dei settori disciplinati dal sistema dovrebbero risultare al di sotto del 21% rispetto al 2005, e nel 2030 inferiori del 43%.